Leggero. Chiaro. Con carattere.
I vini leggeri non sono vini piccoli – sono raffinati, freschi e stilosi. Accompagnano senza appesantire. Vivono di equilibrio, eleganza e bevibilità. Che siano minerali, erbacei, delicatamente fruttati o floreali – scoprite la nostra selezione di vini leggeri con carattere. Per l’aperitivo, la cucina o semplicemente così. Meno pesantezza. Più gioia nel bicchiere.
Nota di degustazione:
Naso: Leggero, floreale, note di pietra bagnata, chiaro e ben definito.
Palato: fine morbidezza, elegante con una freschezza raffinata.
Le vigne dei fratelli Luca e Matteo Sega crescono su terrazze sostenute da muretti a secco, raggiungibili solo attraverso scalinate strette e, in certi punti, quasi vertiginose. Su questi stessi gradini non solo vengono trasportate a valle le uve raccolte, ma – dopo forti piogge – bisogna anche risalire a mano la terra dilavata.
Luca e Matteo sono tra i nuovi protagonisti della Valtellina, una regione vitivinicola in piena crescita, dove la viticoltura eroica sulle terrazze vive oggi una vera rinascita. Partiti nel 2006, i due fratelli sono riusciti a trasformare le piccole parcelle ereditarie in un’azienda autonoma. L’eredità iniziale era troppo ridotta per garantire una base economica solida. Ma poiché sempre più vicini abbandonano la viticoltura – troppo faticosa, poco redditizia, troppo ripida – sono riusciti nel tempo ad acquisire parcelle confinanti. Oggi coltivano circa tre ettari.
Vinificano esclusivamente uve Nebbiolo di proprietà, lavorate separatamente per singolo vigneto – per portare nel bicchiere l’espressione autentica del clima alpino e dei suoli minerali. Le vigne si trovano tra i 350 e i 450 metri di altitudine, su suoli ricchi di granito e quarzo. Circa 4000 ceppi per ettaro producono rese molto basse – la base per vini di grande mineralità, precisione e identità territoriale.
Palato: fine morbidezza, elegante con una freschezza raffinata.
Le vigne dei fratelli Luca e Matteo Sega crescono su terrazze sostenute da muretti a secco, raggiungibili solo attraverso scalinate strette e, in certi punti, quasi vertiginose. Su questi stessi gradini non solo vengono trasportate a valle le uve raccolte, ma – dopo forti piogge – bisogna anche risalire a mano la terra dilavata.
Luca e Matteo sono tra i nuovi protagonisti della Valtellina, una regione vitivinicola in piena crescita, dove la viticoltura eroica sulle terrazze vive oggi una vera rinascita. Partiti nel 2006, i due fratelli sono riusciti a trasformare le piccole parcelle ereditarie in un’azienda autonoma. L’eredità iniziale era troppo ridotta per garantire una base economica solida. Ma poiché sempre più vicini abbandonano la viticoltura – troppo faticosa, poco redditizia, troppo ripida – sono riusciti nel tempo ad acquisire parcelle confinanti. Oggi coltivano circa tre ettari.
Vinificano esclusivamente uve Nebbiolo di proprietà, lavorate separatamente per singolo vigneto – per portare nel bicchiere l’espressione autentica del clima alpino e dei suoli minerali. Le vigne si trovano tra i 350 e i 450 metri di altitudine, su suoli ricchi di granito e quarzo. Circa 4000 ceppi per ettaro producono rese molto basse – la base per vini di grande mineralità, precisione e identità territoriale.
Nota di degustazione:
Naso: Elegante, note giocose e fruttate che ricordano le more. Anche floreale con accenni a vecchie varietà di rose.
Palato: Bella morbidezza, vellutato, finale snello.
La famiglia Comincioli l’abbiamo conosciuta per via dell’“olio d’oliva”. Gli oli di oliva di questo produttore sono da decenni tra i migliori d’Italia. Pian piano ci hanno conquistato anche i vini, che in realtà non cercavamo, ma a cui non abbiamo saputo resistere.
Solo che il perfezionista Gianfranco Comincioli spesso rinuncia a commercializzare un vino se non è convinto al 200% della sua perfezione. Perciò può succedere che qualche vino, che magari i nostri clienti conoscevano, non sia più disponibile temporaneamente. In compenso i Comincioli – padre e figlio – creano ogni volta un nuovo vino, una nuova composizione, nuove sfumature, ma sempre di qualità eccellente e brillante. Questa volta il Riviera del Garda Classico, un assemblaggio che risulta ancora una volta assolutamente convincente.
Palato: Bella morbidezza, vellutato, finale snello.
La famiglia Comincioli l’abbiamo conosciuta per via dell’“olio d’oliva”. Gli oli di oliva di questo produttore sono da decenni tra i migliori d’Italia. Pian piano ci hanno conquistato anche i vini, che in realtà non cercavamo, ma a cui non abbiamo saputo resistere.
Solo che il perfezionista Gianfranco Comincioli spesso rinuncia a commercializzare un vino se non è convinto al 200% della sua perfezione. Perciò può succedere che qualche vino, che magari i nostri clienti conoscevano, non sia più disponibile temporaneamente. In compenso i Comincioli – padre e figlio – creano ogni volta un nuovo vino, una nuova composizione, nuove sfumature, ma sempre di qualità eccellente e brillante. Questa volta il Riviera del Garda Classico, un assemblaggio che risulta ancora una volta assolutamente convincente.
invece di
CHF 19.50
CHF 17.50
Nota di degustazione:
Naso: Note fruttate di more e cassis, speziatura fine.
Palato: Corpo medio, presenza contenuta di tannini, acidità ben integrata.
Alois Lageder è una delle personalità più influenti della scena vinicola italiana – un visionario che ha dato alla sua terra natale, l’Alto Adige, una nuova identità nella viticoltura. La sua ambizione è rivolta al vino tipico e autentico come espressione della natura – la cui tutela e cura sono per lui indissolubilmente legate alla vera qualità.
Pochi vitigni rappresentano l’Alto Adige come il Lagrein. Per molto tempo è rimasto nell’ombra di varietà di successo internazionale, ma oggi questo vino potente e autoctono vive una rinascita straordinaria.
Come per molti vitigni antichi, un tempo destinati a rese elevate, la chiave della qualità sta nella rigorosa limitazione della resa. Solo attraverso questa concentrazione il Lagrein può esprimere tutto il suo potenziale.
Un altro fattore chiave di successo – in particolare per Alois Lageder – è la conversione rigorosa all’agricoltura biodinamica. L’azienda è oggi completamente certificata e stabilisce standard con metodi moderni e rispettosi della natura. Questi non solo favoriscono l’equilibrio ecologico nel vigneto, ma permettono anche di esprimere in modo chiaro e autentico il carattere individuale di ogni vitigno e di ogni singolo terroir.
Palato: Corpo medio, presenza contenuta di tannini, acidità ben integrata.
Alois Lageder è una delle personalità più influenti della scena vinicola italiana – un visionario che ha dato alla sua terra natale, l’Alto Adige, una nuova identità nella viticoltura. La sua ambizione è rivolta al vino tipico e autentico come espressione della natura – la cui tutela e cura sono per lui indissolubilmente legate alla vera qualità.
Pochi vitigni rappresentano l’Alto Adige come il Lagrein. Per molto tempo è rimasto nell’ombra di varietà di successo internazionale, ma oggi questo vino potente e autoctono vive una rinascita straordinaria.
Come per molti vitigni antichi, un tempo destinati a rese elevate, la chiave della qualità sta nella rigorosa limitazione della resa. Solo attraverso questa concentrazione il Lagrein può esprimere tutto il suo potenziale.
Un altro fattore chiave di successo – in particolare per Alois Lageder – è la conversione rigorosa all’agricoltura biodinamica. L’azienda è oggi completamente certificata e stabilisce standard con metodi moderni e rispettosi della natura. Questi non solo favoriscono l’equilibrio ecologico nel vigneto, ma permettono anche di esprimere in modo chiaro e autentico il carattere individuale di ogni vitigno e di ogni singolo terroir.
Nessun prodotto trovato.
Nota di degustazione:
Naso: Fruttato intenso e fresco, note di bucce d’uva fresche, espressione chiara.
Palato: Snello, pulito, buon equilibrio, fine morbidezza nel finale.
Mariano Buglioni si è guadagnato un’eccellente reputazione con la sua linea di vini radicata localmente. Una delle sue creazioni più recenti è il 44 Verticale – un Valpolicella di altissimo livello.
La parcella n. 44 a San Pietro in Cariano, dove si trovano la maggior parte delle vigne dell’Azienda Buglioni, si è distinta negli anni per uve particolarmente ricche e aromaticamente dense. Grazie a un microclima favorevole, raggiungono regolarmente una qualità sana e completamente matura – una materia prima ideale per grandi vini. Per questo motivo Mariano Buglioni ha deciso di vinificare separatamente le uve di questa zona.
Durante la fermentazione e la macerazione, segue consapevolmente un metodo particolare: il mosto viene raffreddato per rallentare il processo. Il risultato sono aromi più freschi, snelli e più precisi – diversi dal classico Valpolicella. Anche al palato il vino appare un po’ più minerale e vibrante, molto lineare e chiaramente strutturato. In gergo tecnico questo si chiama: “verticale”.
Palato: Snello, pulito, buon equilibrio, fine morbidezza nel finale.
Mariano Buglioni si è guadagnato un’eccellente reputazione con la sua linea di vini radicata localmente. Una delle sue creazioni più recenti è il 44 Verticale – un Valpolicella di altissimo livello.
La parcella n. 44 a San Pietro in Cariano, dove si trovano la maggior parte delle vigne dell’Azienda Buglioni, si è distinta negli anni per uve particolarmente ricche e aromaticamente dense. Grazie a un microclima favorevole, raggiungono regolarmente una qualità sana e completamente matura – una materia prima ideale per grandi vini. Per questo motivo Mariano Buglioni ha deciso di vinificare separatamente le uve di questa zona.
Durante la fermentazione e la macerazione, segue consapevolmente un metodo particolare: il mosto viene raffreddato per rallentare il processo. Il risultato sono aromi più freschi, snelli e più precisi – diversi dal classico Valpolicella. Anche al palato il vino appare un po’ più minerale e vibrante, molto lineare e chiaramente strutturato. In gergo tecnico questo si chiama: “verticale”.
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Nota di degustazione:
Naso: Bouquet fruttato e pronunciato, che ricorda il cassis, la violetta, le olive nere e la ciliegia acida. Buona presenza.
Palato: Bella stoffa, tannini ben integrati. Complessivamente molto armonico.
Da quasi 30 anni i fratelli Maurizia e Luca Di Napoli coltivano le vigne del loro Castello dei Rampolla secondo i principi della biodinamica. Sul retro delle etichette dei loro vini si trova sempre l’indicazione che il vino è non filtrato e proveniente da viticoltura naturale – rinunciano consapevolmente alle certificazioni ufficiali bio o Demeter, per evitare le spesso complesse procedure burocratiche.
Lo stesso vale per il Liù, un Merlot in purezza, imbottigliato per la prima volta in modo indipendente con la vendemmia 2018. Il vino è maturato in parte in anfore e in parte in tradizionali vasche di cemento – una combinazione che mantiene freschezza e al contempo dona struttura.
Maurizia Di Napoli ha percepito il carattere di questo Merlot come particolarmente “femminile” – elegante, complesso, ma con una chiara forza. Insieme al fratello ha dedicato questo vino alla madre Livia, che il marito Alceo Di Napoli chiamava affettuosamente Liù.
Nel bicchiere il Liù si presenta di un profondo rosso rubino. Al naso si sviluppano note di ribes nero, prugne mature e erbe fini. Al palato è potente e al contempo stimolante: frutta succosa, acidità viva e tannini ancora leggermente rustici ma maturi. Un Merlot complesso e ricco di carattere – un vino con un’identità e un territorio, e con molto potenziale per il futuro.
Palato: Bella stoffa, tannini ben integrati. Complessivamente molto armonico.
Da quasi 30 anni i fratelli Maurizia e Luca Di Napoli coltivano le vigne del loro Castello dei Rampolla secondo i principi della biodinamica. Sul retro delle etichette dei loro vini si trova sempre l’indicazione che il vino è non filtrato e proveniente da viticoltura naturale – rinunciano consapevolmente alle certificazioni ufficiali bio o Demeter, per evitare le spesso complesse procedure burocratiche.
Lo stesso vale per il Liù, un Merlot in purezza, imbottigliato per la prima volta in modo indipendente con la vendemmia 2018. Il vino è maturato in parte in anfore e in parte in tradizionali vasche di cemento – una combinazione che mantiene freschezza e al contempo dona struttura.
Maurizia Di Napoli ha percepito il carattere di questo Merlot come particolarmente “femminile” – elegante, complesso, ma con una chiara forza. Insieme al fratello ha dedicato questo vino alla madre Livia, che il marito Alceo Di Napoli chiamava affettuosamente Liù.
Nel bicchiere il Liù si presenta di un profondo rosso rubino. Al naso si sviluppano note di ribes nero, prugne mature e erbe fini. Al palato è potente e al contempo stimolante: frutta succosa, acidità viva e tannini ancora leggermente rustici ma maturi. Un Merlot complesso e ricco di carattere – un vino con un’identità e un territorio, e con molto potenziale per il futuro.
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Nota di degustazione:
Naso: Note fruttate di pesca e pera, arricchite da accenti floreali e fiori di campo.
Palato: Inizio morbido, acidità vivace ben integrata in una trama minerale e vellutata.
Francesco Monchiero è stato il primo produttore a ricevere i prestigiosi Tre Bicchieri del Gambero Rosso con un Roero Arneis – ed è anche il primo ad averli ottenuti due anni consecutivi per la stessa denominazione. Una pietra miliare per la regione e per un vitigno che a lungo è rimasto nell’ombra di bianchi più noti.
Monchiero è cresciuto nel Roero e conosce il territorio come pochi. Sa riconoscere le differenze geologiche delle numerose parcelle e sa rendere tangibile il loro carattere nei suoi vini. Accompagnarlo tra i suoi vigneti è una lezione di storia della terra: spesso raccoglie una conchiglia fossile, portata alla luce dal lavoro del terreno – testimoni silenziosi dell’epoca in cui la zona del Roero era ancora coperta dal mare.
Il suo Roero Arneis Recit – Recit significa “piccolo re” in dialetto piemontese – è un omaggio di Francesco Monchiero a questo vitigno autoctono, che considera un vero re tra i vini bianchi italiani.
Il Recit profuma di spezie delicate e complessità, con sentori di erbe, frutti di bosco, agrumi e un tocco di menta. Al palato frutta morbida e acidità viva e fine si bilanciano perfettamente – un vino di carattere, sorprendentemente profondo.
Palato: Inizio morbido, acidità vivace ben integrata in una trama minerale e vellutata.
Francesco Monchiero è stato il primo produttore a ricevere i prestigiosi Tre Bicchieri del Gambero Rosso con un Roero Arneis – ed è anche il primo ad averli ottenuti due anni consecutivi per la stessa denominazione. Una pietra miliare per la regione e per un vitigno che a lungo è rimasto nell’ombra di bianchi più noti.
Monchiero è cresciuto nel Roero e conosce il territorio come pochi. Sa riconoscere le differenze geologiche delle numerose parcelle e sa rendere tangibile il loro carattere nei suoi vini. Accompagnarlo tra i suoi vigneti è una lezione di storia della terra: spesso raccoglie una conchiglia fossile, portata alla luce dal lavoro del terreno – testimoni silenziosi dell’epoca in cui la zona del Roero era ancora coperta dal mare.
Il suo Roero Arneis Recit – Recit significa “piccolo re” in dialetto piemontese – è un omaggio di Francesco Monchiero a questo vitigno autoctono, che considera un vero re tra i vini bianchi italiani.
Il Recit profuma di spezie delicate e complessità, con sentori di erbe, frutti di bosco, agrumi e un tocco di menta. Al palato frutta morbida e acidità viva e fine si bilanciano perfettamente – un vino di carattere, sorprendentemente profondo.
Nota di degustazione:
Naso: Aromi di frutti tropicali come litchi e ananas, con anche accenti floreali.
Palato: Acidità equilibrata con un finale leggermente dolce. Armonia perfetta.
Il Disperato – « il Disperato » – è il nome dato da Mariano Buglioni al suo vino bianco, vinificato con uve Garganega provenienti da una piccola parcella coltivata a pergola tradizionale. Il nome nacque con un pizzico di ironia durante una ricerca frustrante di un’etichetta adatta (tutti i vini di Buglioni hanno un soprannome, di solito divertente) per questo nuovo vino – alla fine si optò per « il Disperato », che da allora suscita simpatica attenzione e autoironia.
La fermentazione dura 15 giorni a temperatura molto bassa (16 °C) per preservare al meglio gli aromi freschi e delicati della frutta. Una leggera presenza di zucchero residuo (circa 2 g/l) dona una morbida rotondità. Successivamente il vino matura per cinque mesi in serbatoi d’acciaio.
Il risultato è un vino bianco completamente senza pretese, accessibile e fresco, che conquista con aromi floreali e fruttati, acidità vivace e leggerezza stimolante – un aperitivo ideale che regala anche tanto piacere bevuto da solo.
Palato: Acidità equilibrata con un finale leggermente dolce. Armonia perfetta.
Il Disperato – « il Disperato » – è il nome dato da Mariano Buglioni al suo vino bianco, vinificato con uve Garganega provenienti da una piccola parcella coltivata a pergola tradizionale. Il nome nacque con un pizzico di ironia durante una ricerca frustrante di un’etichetta adatta (tutti i vini di Buglioni hanno un soprannome, di solito divertente) per questo nuovo vino – alla fine si optò per « il Disperato », che da allora suscita simpatica attenzione e autoironia.
La fermentazione dura 15 giorni a temperatura molto bassa (16 °C) per preservare al meglio gli aromi freschi e delicati della frutta. Una leggera presenza di zucchero residuo (circa 2 g/l) dona una morbida rotondità. Successivamente il vino matura per cinque mesi in serbatoi d’acciaio.
Il risultato è un vino bianco completamente senza pretese, accessibile e fresco, che conquista con aromi floreali e fruttati, acidità vivace e leggerezza stimolante – un aperitivo ideale che regala anche tanto piacere bevuto da solo.
Nota di degustazione:
Naso: Aromi fruttati di agrumi, uva spina, con un tocco di vaniglia.
Palato: Pieno, fresco, elegante, affascinante, lungo finale.
Con Gianfranco Comincioli ci lega una lunga relazione commerciale e un’amicizia nata da una passione condivisa: l’olio d’oliva. Comincioli è stato uno dei primi produttori a curare i suoi uliveti secondo i criteri oggi più rigorosi – ormai riconosciuti a livello internazionale. Ancora più decisiva è la sua filosofia radicale di qualità nella lavorazione: le olive vengono denocciolate, lavorate separatamente e subito dopo la raccolta – un metodo impegnativo, padroneggiato da pochi, che permette un’eccezionale purezza e precisione nell’olio.
Da oltre vent’anni i suoi oli d’oliva sono tra i più perfetti della loro categoria, indipendentemente dalla pubblicazione specializzata consultata. Questa ricerca senza compromessi della qualità caratterizza anche i vini dell’Azienda Comincioli. Bianchi, rosati o rossi, hanno in comune una definizione aromatica chiara e una freschezza vivace che li rendono unici.
Un esempio perfetto è il Perlì Bianco: un vino bianco dal frutto brillante e dalla tensione salina. Al naso incanta con note di uva spina, agrumi e un accenno di vaniglia. Al palato unisce morbidezza e vivacità stimolante, sostenuto da una fine sapidità minerale. Questo lo rende un compagno ideale non solo per piatti delicati di pesce, ma anche in armonia impressionante con un’ampia gamma di formaggi.
Palato: Pieno, fresco, elegante, affascinante, lungo finale.
Con Gianfranco Comincioli ci lega una lunga relazione commerciale e un’amicizia nata da una passione condivisa: l’olio d’oliva. Comincioli è stato uno dei primi produttori a curare i suoi uliveti secondo i criteri oggi più rigorosi – ormai riconosciuti a livello internazionale. Ancora più decisiva è la sua filosofia radicale di qualità nella lavorazione: le olive vengono denocciolate, lavorate separatamente e subito dopo la raccolta – un metodo impegnativo, padroneggiato da pochi, che permette un’eccezionale purezza e precisione nell’olio.
Da oltre vent’anni i suoi oli d’oliva sono tra i più perfetti della loro categoria, indipendentemente dalla pubblicazione specializzata consultata. Questa ricerca senza compromessi della qualità caratterizza anche i vini dell’Azienda Comincioli. Bianchi, rosati o rossi, hanno in comune una definizione aromatica chiara e una freschezza vivace che li rendono unici.
Un esempio perfetto è il Perlì Bianco: un vino bianco dal frutto brillante e dalla tensione salina. Al naso incanta con note di uva spina, agrumi e un accenno di vaniglia. Al palato unisce morbidezza e vivacità stimolante, sostenuto da una fine sapidità minerale. Questo lo rende un compagno ideale non solo per piatti delicati di pesce, ma anche in armonia impressionante con un’ampia gamma di formaggi.
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Nota di degustazione:
Naso: Bouquet di agrumi, pesca e melissa.
Palato: Fresco, vivace, secco con una rotondità avvolgente.
La storia dell’Azienda Pandolfa Noelia Ricci risale al XV secolo – è lunga, emozionante e ricca di simbolismi. Il nome deriva da Sigismondo Pandolfo Malatesta, un audace condottiero e mecenate del Rinascimento, che visse a lungo nella tenuta. Il suo celebre ritratto di Piero della Francesca è oggi esposto al Louvre.
Solo negli anni ’50 Giuseppe Ricci, nuovo proprietario della Pandolfa, iniziò a restaurare la terra e a stabilire la viticoltura dopo le devastazioni della guerra. Oggi circa 40 ettari dei 150 totali sono coltivati a vite, principalmente Sangiovese, Chardonnay e Trebbiano. La gestione dell’azienda è affidata oggi a Marco Cirese, pronipote di Giuseppe Ricci.
Il Pandolfa Battista Rubicone viene prodotto in quantità molto limitate – per così dire « per la famiglia ». Per questo motivo, la cura nella vinificazione è molto alta – anche perché Marco Cirese versa regolarmente questo vino a sé e ai suoi amici.
Le uve Chardonnay vengono pressate delicatamente subito dopo la raccolta per preservare al meglio la freschezza e la tipicità varietale. Il giovane vino, fermentato e chiarificato, matura poi per tre mesi sulle fecce fini, donandogli una discreta pienezza e una texture elegante.
Palato: Fresco, vivace, secco con una rotondità avvolgente.
La storia dell’Azienda Pandolfa Noelia Ricci risale al XV secolo – è lunga, emozionante e ricca di simbolismi. Il nome deriva da Sigismondo Pandolfo Malatesta, un audace condottiero e mecenate del Rinascimento, che visse a lungo nella tenuta. Il suo celebre ritratto di Piero della Francesca è oggi esposto al Louvre.
Solo negli anni ’50 Giuseppe Ricci, nuovo proprietario della Pandolfa, iniziò a restaurare la terra e a stabilire la viticoltura dopo le devastazioni della guerra. Oggi circa 40 ettari dei 150 totali sono coltivati a vite, principalmente Sangiovese, Chardonnay e Trebbiano. La gestione dell’azienda è affidata oggi a Marco Cirese, pronipote di Giuseppe Ricci.
Il Pandolfa Battista Rubicone viene prodotto in quantità molto limitate – per così dire « per la famiglia ». Per questo motivo, la cura nella vinificazione è molto alta – anche perché Marco Cirese versa regolarmente questo vino a sé e ai suoi amici.
Le uve Chardonnay vengono pressate delicatamente subito dopo la raccolta per preservare al meglio la freschezza e la tipicità varietale. Il giovane vino, fermentato e chiarificato, matura poi per tre mesi sulle fecce fini, donandogli una discreta pienezza e una texture elegante.
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Nota di degustazione:
Naso: Aromatica molto elegante e vigorosa, con note di agrumi, vivo, fresco, quasi tagliente.
Palato: Verticale, minerale, salino, cristallino, finale perfetto.
Le vigne della famiglia Benanti prosperano su un terreno povero di lava nera sui versanti est dell’Etna. Coltivati con una laboriosa viticoltura a terrazze, i vigneti guardano lo stretto di Messina e si trovano a quote tra i 450 e i 900 metri sul livello del mare.
Benanti si concentra con decisione sui vitigni autoctoni: Nerello Mascalese, Nerello Cappuccio e soprattutto Carricante – il vitigno che più di ogni altro è legato all’Etna. Cresce da secoli in questo paesaggio vulcanico, caratterizzato da terreni sabbiosi e minerali, escursioni termiche estreme e un’intensità luminosa unica.
Tra i 700 e i 900 metri di altitudine, il Carricante trova condizioni ottimali: le notti fresche e le giornate soleggiate conferiscono al vino un’acidità tesa, una mineralità marcata e un’espressione aromatica che è al contempo selvaggia e precisa – proprio nello stile del vulcano che lo ha generato.
Palato: Verticale, minerale, salino, cristallino, finale perfetto.
Le vigne della famiglia Benanti prosperano su un terreno povero di lava nera sui versanti est dell’Etna. Coltivati con una laboriosa viticoltura a terrazze, i vigneti guardano lo stretto di Messina e si trovano a quote tra i 450 e i 900 metri sul livello del mare.
Benanti si concentra con decisione sui vitigni autoctoni: Nerello Mascalese, Nerello Cappuccio e soprattutto Carricante – il vitigno che più di ogni altro è legato all’Etna. Cresce da secoli in questo paesaggio vulcanico, caratterizzato da terreni sabbiosi e minerali, escursioni termiche estreme e un’intensità luminosa unica.
Tra i 700 e i 900 metri di altitudine, il Carricante trova condizioni ottimali: le notti fresche e le giornate soleggiate conferiscono al vino un’acidità tesa, una mineralità marcata e un’espressione aromatica che è al contempo selvaggia e precisa – proprio nello stile del vulcano che lo ha generato.